Oggigiorno proliferano corsi, programmi, seminari, tecniche che vogliono insegnarci come vivere, come avere successo, come fare soldi, come essere felici ecc., tanto che emergono nuove figure come i life coach, termine che personalmente mi lascia perplessa. In un mondo in cui tutti ormai insegnano qualcosa, proponendo le tecniche più efficaci in ogni settore della vita professionale e personale, mi viene in mente la bella citazione di Moshe Feldenkrais:
Sarò il tuo ultimo insegnante. Non perché io sia il migliore insegnante che tu abbia mai incontrato, ma perché da me imparerai come apprendere. Quando impari ad apprendere ti accorgi che non ci sono insegnanti, ci sono solo persone che apprendono e persone che studiano come facilitare l’apprendimento.
Sicuramente ci sono professionisti seri e il punto non è questo. Il punto è che, scorrendo offerte, slogan e proposte si ha l’impressione che ormai abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci dica che cosa dobbiamo fare, come se qualcosa avesse minato la fiducia in noi stessi, nella nostra capacità di intuire e riconoscere i nostri bisogni, di assecondarli per poterci sentire bene. Una cosa è certa: i bisogni li segnala il corpo, anche nella fisicità delle emozioni; la mente li può osservare e riconoscere, ma sembra che sia diventato difficile sentire il corpo, ascoltarne e rispettarne i messaggi. Il corpo è un complesso e sofisticato sistema in cui nulla è separato (muscoli, scheletro, organi, sangue, nervi..) e tutto funziona simultaneamente e in sinergia per fornire la miglior risposta possibile all’ambiente in cui agisce e si muove. Il corpo è intelligente ed è il veicolo con cui esprimiamo il nostro essere più profondo, eppure è spesso percepito come estraneo, se non nemico quando procura disagio o dolore, valutato nella forma-immagine con cui appare o percepito in parti non collegate, soprattutto in quelle da “aggiustare”. Questa lotta con il nostro corpo inficia la qualità della nostra vita in ogni area, anche nelle relazioni (come faccio a sentire l’altro, entrando in empatia, se non sento me stesso?).
Se non impariamo a conoscerci il più possibile intimamente, limitiamo le nostre scelte e la vita non è piacevole senza la libertà di scegliere (Moshe Feldenkrais)
Se non ci identifichiamo con il nostro corpo nell’unità con il cervello e la mente, non possiamo conoscerlo (conoscerci) né ascoltarlo (ascoltarci) e diventa difficile capire i nostri reali bisogni. Diventiamo allora facili prede di messaggi promozionali che spesso puntano sui risultati in breve tempo, in una affollata vendita di “soluzioni pret à porter”: scorciatoie che fanno gola, ma che possono offrire soltanto una soluzione in brevi termini… altrimenti si smette di essere potenziali clienti. Per sentirci e conoscerci intimamente ci vogliono tempo e pazienza, ma è l’unica via per conoscerci e trovare il nostro star-bene in modo concreto, senza luoghi comuni, schemi mentali, pregiudizi o timori. La mente è potentissima e può portarci fuori da noi stessi, con mille convinzioni. Per non rimanere in balìa di concetti che sono altro da noi, per ritornare a sentirsi padroni di sé, autorevoli rispetto a se stessi è necessario riappropriarci del nostro corpo vitale ed entrare in contatto con la sua (la nostra) intelligenza.
La capacità del cervello di modificarsi è infinita, affermano oggi gli scienziati. La capacità di apprendere per il sistema nervoso è illimitata, scriveva Moshe Feldenkrais nel tardo Novecento. Attraverso il corpo, concreto e immediato nelle sue risposte in relazione agli stimoli sensoriali e motori dell’ambiente in cui agisce, possiamo stimolare il sistema nervoso in questo processo di apprendimento e miglioramento delle funzioni. Non attraverso scorciatoie o deleghe: ognuno con i propri tempi, i propri limiti, le fragilità, le proprie abilità e potenzialità e ognuno diventando responsabile di se stesso, laddove i limiti anziché essere ostacoli o fonte di frustrazione, diventano i veri punti di forza per il cambiamento.
Il Metodo Feldenkrais non insegna nulla, né esercizi né tecniche e tantomeno dà risposte. E’ piuttosto un “processo di indagine” affinché ognuno, nel proprio sentire, trovi le proprie risposte. Una lezione data a un adolescente con scoliosi, a un anziano con il Parkinson o a un cantante che vuole migliorare l’uso della voce avranno ovviamente obiettivi e risposte diverse, ma ognuno di loro apprenderà come continuare ad apprendere e quindi a migliorare.
Nelle lezioni collettive di Consapevolezza Attraverso il Movimento e in quelle individuali di Integrazione Funzionale si impara a osservare ed esplorare se stessi in termini di propriocezione, interocezione e cinestesi per un viaggio verso l’autoconsapevolezza. Il tutto in modo giocoso, curioso, esplorativo, senza imposizioni, senza nessun senso di giudizio o competizione. Si impara a sentire le proprie emozioni nella loro fisicità, a percepirsi nella relazione spazio-temporale attraverso stimoli senso-motori, chiarendo l’immagine di sé nella mappa corticale. Ne consegue un ampliamento delle possibilità di movimento, in senso fisico, ma anche intellettivo e si abbandonano gli automatismi e le forme-pensiero che dettano a livello inconscio scelte e azioni.
Sentirsi significa esistere: sentire la vita che scorre dentro di noi e la vita attorno a noi, in un processo in divenire, in cui siamo interi e presenti.
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