Insegnare a qualcuno che deve respirare in questo modo o in quest’altro è esattamente come se diceste a qualcuno che deve dire una cosa o un’altra.
(Moshe Feldenkais, fondatore del Metodo Feldenkrais, in AY17).
Gli fa eco Francoise Meziéres, fisioterapista fondatrice del metodo Mezières, come Feldenkrais vissuta tra i primi del Novecento e gli Anni 90:
“E’ assurdo imparare a respirare, come sarebbe assurdo imparare a far circolare il sangue. La respirazione non deve essere educata va liberata”
.
Viviamo in un corpo respirante, vivo in quanto tale. La respirazione è una funzione automatica, controllarla può essere controproducente. Che fare allora? Permettere al nostro sistema di liberarla da interferenze che la ostacolano e la limitanto. Come? Innanzitutto uscendo dall’ansia di controllo, imparando a osservare. E’il primo passo, perché non siamo abituati a osservarci in modo neutro. Vogliamo sempre intervenire, fare, aggiustare. Imparare l’osservazione neutra del respiro ci aiuta su più piani:
1. ci fa essere nel qui e ora, quindi possiamo considerarlo un esercizio di mindfulness senza la prestazione dell’esercizio;
2. ci apre la strada alla conoscenza di noi stessi: che cosa fa il mio corpo vitale? Come “mi respira”?
3. alleniamo l’occhio della mente per osservare quello che il corpo fa, primo fondamentale passo verso la conoscenza di noi stessi. Fino a quando non ci percepiamo e non sappiamo “come” effettivamente facciamo qualcosa, ha poco senso eseguire qualsiasi tecnica, pratica o esercizio. Potrebbe diventare un’ulteriore costrizione e un ulteriore interferenza alla fisiologia del corpo, mandandola in confusione.
4. attiviamo la nostra attenzione e l’attenzione già di per sé genera cambiamenti, come dimostrato dalle neuroscienze.
Nelle lezioni Feldenkrais che conduco ti invito proprio a questa autoosservazione fatta di percezioni, sensazioni anche pensieri non giudicanti, bensì descrittivi: sento quello che faccio e posso verbalizzarlo, allora divento consapevole del mio agire, che si trasforma da sé mentre lo osservo. Quando ce lo permettiamo è fantastico, perché l’intelligenza biologica del corpo in questo modo viene aiutata ad autoregolarsi.
Anche nelle lezioni non specificamente dedicate al respiro, invito sempre a portare attenzione ad esso, osservare se è libero o se si blocca e non fluisce mentre compi un movimento. In questo modo il respiro ti dice se quello che fai è per te facile, familiare, piacevole o se ha bisogno di essere chiarito e facilitato. Anziché intervenire sul respiro direttamente, possiamo quindi utilizzare il respiro come messaggero del nostro sistema nervoso, un informatore che ci segnale se l’azione o il gesto è chiaro nella nostra organizzazione oppure no… nell’eliminare, nel corso della lezione, sforzi o tensioni (Feldenkrais li definiva “movimenti parassiti”), anche il respiro cambierà.
Per allenare l’occhio della mente mostro delle immagini anatomiche molto semplici che aiutano a entrare nelle sensazioni interne del corpo: un’anatomia del vivente, evocativa e poetica che attiva la mente immaginale, una parte poco allenata rispetto a quella razionale, e molto potente.
Un altro ingrediente che inserisco è l’elasticità di pelle e tessuti fasciali e connettivali, perché spesso sono tensioni tissutali a impedire una buona respirazione.
Cambiare prospettiva, quindi non concentrarsi esclusivamente sul respiro, ma far sì che grazie ad altre parti in movimento il respiro si liberi può giovare molto, soprattutto perché fa uscire dall’ansia di prestazione.
Perché liberare il respiro? Certo, per dare il giusto apporto di ossigenazione alle nostre cellule, modulare il controllo cardiovascolare, il flusso linfatico, il drenaggio venoso, la digestione, la peristalsi intestinale… in una parola per essere in salute. Aggiungo: liberare il respiro significa abitare i nostri spazi interni, trovarli più ampi e accoglienti per i nostri stati emozionali, i nostri pensieri, i gesti quotidiani e accorgerci della relazione con gli spazi esterni, in una comunicazione circolare sempre in divenire.
Un piccolo consiglio: se ti senti col fiato corto e un po’ “overwhelmed”, ossia con la sensazione di sovraccarico, non cercare di respirare “meglio”, fai una breve pausa e un grande sonoro sospiro, ben prolungato, anche due se ne senti il bisogno. Puoi posare una mano o le mani sul petto e accompagnarlo delicatamente mentre si abbassa quando sospiri. Ha un effetto calmante, riossigenante e molti altri benefici (ad esempio allena in modo spontaneo il pavimento pelvico!). In sintesi, se hai bisogno di fare un esercizio per liberare il respiro, non occuparti dell’inspirazione, ma dell’espirazione.
In giugno ho tenuto il corso “Liberare il respiro”, ora disponibile in audioregistrazione. Puoi contattarmi per saperne di più.
A questo link e trovi due videolezioni dedicate al Respiro:videolezioni.
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