Le lezioni del Metodo Feldenkrais iniziano e finiscono per lo più con un body-scan mentre si è sdraiati sul tappetino. Moshe Feldenkrais ha adottato questa modalità non per creare un semplice rilassamento, ma per permetterci di utilizzare il pavimento come specchio della nostra organizzazione muscolo-scheletrica e quindi conoscerci in modo profondo e affinare la nostra self-image (autoimmagine). Il concetto di autoimmagine è del resto fondamentale, in quanto Feldenkrais sosteneva che il nostro comportamento dipende proprio dall’immagine che abbiamo di noi. Ecco perché le domande che pone l’insegnante quando gli allievi sono sdraiati a terra sono rivolte all’osservazione degli appoggi del corpo, delle dimensioni (larghezza e lunghezza delle varie parti, ma anche volume e tono), delle distanze tra le parti (ad esempio tra anche e bacino), delle tensioni, così come delle differenze tra un lato e l’altro. Aiutati dal suolo che funge da specchio, possiamo scoprire la nostra organizzazione muscolo-scheletrica e percepire i cambiamenti che avvengono durante la lezione. Ma c’è di più: praticando negli anni ho scoperto che il solo sdraiarsi sul pavimento, anche senza fare la lezione, apporta molti benefici. Il fatto di osservarsi, e quindi di portare attenzione, porta già cambiamenti e molte tensioni lasciano andare: l’attenzione permette al cervello di registrare che c’è un supporto “amico” e inviare un messaggio alla muscolatura eccessivamente contratta. Si acquisisce in poco tempo un senso di radicamento maggiore e ci si sente rassicurati anche dal punto di vista psicologico, realizzando in modo concreto che c’è un supporto amico! E’ un modo semplice per sentirsi più connessi, con un maggior senso di stabilità e al tempo stesso una maggiore libertà di movimento. Questo perché scopriamo la possibilità di muoverci a partire dalla spinta propulsiva del nostro corpo rispetto alla superficie di contatto. Con gli allievi mi piace utilizzare l’immagine di quando nuotiamo in una piscina e, arrivati a fondo vasca, appoggiamo i piedi alla parete e ci spingiamo per allontanarci e ricominciare a nuotare. E’ una sensazione di forza e di libertà, la stessa che possiamo provare utilizzando le spinte sul pavimento per trasferire il nostro peso nello spazio e muoverci senza fatica. Ci si può divertire e giocare, iniziando a strisciare, girarsi, rotolare, cambiando posizione da supini, al fianco, a proni, ma anche spostandosi nella stanza come un serpente, una lucertola, un bruco o in tanti altri modi divertenti e sorprendenti. E’ un gioco che ci libera la mente, ci porta al presente, ci fa ridere e divertire e al tempo stesso imparare, esattamente come abbiamo fatto da bambini. Perché il gioco non è “disimpegno”. Con qualcosa di semplice entriamo nei principi del Metodo Feldenkrais, che ripercorre le tappe evolutive del movimento umano (individuali e della specie) per creare i “mattoni” del nostro agire. Tutti i movimenti a terra sono infatti i tasselli dei movimenti più complessi, come alzarsi e sedersi, chinarsi, camminare, correre, saltare ecc. Mi accorgo sempre più dell’importanza per gli allievi di scoprire l’uso del pavimento e di tutte le superfici di appoggio per sentirsi sicuri, lasciare andare gli sforzi, le tensioni, il dolore, acquisire sicurezza, scoprire potenzialità sopite e muoversi grazie alla forza di gravità, quella forza con la quale interagiamo per tutta la vita una volta fuori dal grembo materno; quella forza che il più delle volte cerchiamo di combattere “tenendoci su”, senza accorgerci del dispendio di energie e dei danni che questo provoca all’intero organismo. Se vuoi utilizzare il pavimento come amico, ecco qualche idea:
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