E’ interessante notare come in molti allenamenti o tecniche per migliorare prestazioni fisiche in campo sportivo, atletico e di semplice fitness si faccia sempre più riferimento al concetto di movimento naturale (definizione che peraltro risale agli Anni 20). Sempre di più i programmi di allenamento stanno sostituendo a lunghe serie di esercizi ripetitivi per allenare “parti” (addominali, glutei, braccia ecc.) o per rafforzare/allungare/tonicizzare questi o quei muscoli, movimenti con schemi motori più complessi e completi, che tengono conto dei collegamenti tra una parte e l’altra del corpo nell’eseguire un movimento. Quando un essere umano si muove – corre, salta, nuota, danza, pedala ecc. – non si muove mai per parti o sezioni – dito, braccio, gamba, piede – bensì nella sua interezza, anche nel compiere il più piccolo gesto. Isolare una parte è un’operazione artificiale, che in natura non esiste; operazione che noi umani possiamo fare su esigenze specifiche, come ad esempio può capitare a un mimo, a un danzatore, a un suonatore. Ma in natura, come spiegava Moshe Feldenkrais, non c’è il più piccolo movimento senza coinvolgere l’insieme. Non solo: non c’è movimento naturale che non sia funzionale, legato cioè a una funzione. Anche questo sapeva bene Moshe Feldenkrais, il cui Metodo permette di reimparare i “movimenti naturali” della specie umana per migliorare i movimenti della nostra quotidianità, movimenti che erano sempre legati a una funzione, a un obiettivo: girarci per guardare, guardare per orientarci, allungarci per afferrare un oggetto, muovere le dita per tenere il cucchiaio, alzare un braccio in modo da portarci il cibo alla bocca… Le sequenze delle lezioni di Consapevolezza Attraverso il Movimento sono sempre legate a funzioni precise e legato alle funzioni è il Metodo stesso. Ecco perché nelle lezioni Feldenkrais non si parla di esercizi: gli esercizi sono un’astrazione dalla realtà, mentre il Metodo è integrato nella vita pratica dell’essere umano e si rivolge al sistema nervoso e al modo di funzionare del cervello, per il quale un movimento isolato e ripetitivo non ha senso. Il senso che gli diamo è un’astrazione mentale, come potrebbe essere “rafforzare il muscolo” o “diminuire il girovita”. Il nostro sistema nervoso è programmato per rispondere agli stimoli dell’ambiente e permetterci un continuo adattamento in base alle esigenze e ai bisogni individuali e della specie: esplorare, orientarsi, deglutire, respirare, raccogliere, afferrare, porgere, girarsi, fuggire, saltare, cibarsi… Se nel nostro allenamento i movimenti rimandano a una funzione, il sistema nervoso la riconosce in quanto è nel suo programma ed è coerente con il modo di organizzare il sistema muscolo-scheletrico. Riconoscendo la funzione, si attiverà per apprendere e migliorare quanto più possibile il movimento che rimanda ad essa. Ciò vale non solo per l’allenamento, ma anche in caso di terapia o riabilitazione. Lavorando sulla funzione non si tratta più di “allenare” una sezione muscolare, si tratta di allenare il corpo così da “accendere” il cervello, che di fatto organizza e dirige il movimento del corpo. E questo non solo facilita il compito, perché è più gratificante dare un senso a un movimento e quindi si migliora con facilità, ma amplifica anche i risultati, perché i miglioramenti non si limitano alla parte da allenare, ma comprendono la persona in sé, anche dal punto di vista psicologico.
Sull’allenamento con il Metodo Feldenkrais ho scritto la guida Smartfitness, che puoi scaricare gratis dal sito Piuturismo. Se vuoi saperne di più puoi approfondire nella sezione dedicata al programma SmartFitness.
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