Le gambe o le braccia che si allungano, gli occhi che si ingrandiscono, la visione periferica che si amplia, il respiro che si calma, una parte del corpo che si alleggerisce, un movimento prima impossibile che diventa facile, pensieri confusi che si chiariscono e altre simili trasformazioni sono esperienze comuni per chi partecipa alle lezioni collettive del Metodo Feldenkrais; così come chi ha provato una seduta individuale sa che la tensione alle spalle può scomparire dopo che l’operatore ha lavorato sulle dita del piede o che il collo si libera mentre si muove il bacino o, ancora, che una parte dolorante migliora dopo che è stata toccata la parte opposta… strani effetti che sembrano magia, dato che in pochi istanti, con inusuali modalità di lavoro e senza sforzi avvengono grandi cambiamenti e miglioramenti. Magia apparente, perché dietro a essa si celano saldi presupposti scientifici, con una profonda conoscenza dell’essere umano nella sua globalità, inteso come sistema integrato e interconnesso. Che cosa significa? Che Moshe Feldenkrais, fondatore del Metodo che porta il suo nome, già a metà Novecento aveva capito grazie alle ricerche in campo psicologico, cognitivo, neurofisiologico e neuromotorio che siamo esseri “interi” il cui nucleo, il sistema nervoso, è in perenne interazione con l’ambiente e che se vogliamo migliorare il particolare (ad esempio una parte dolorante) dobbiamo occuparci di come funzioniamo nella nostra integrità. Già, ma come funzioniamo? Il punto è che non lo sappiamo e questa scarsa conoscenza di noi stessi ostacola il nostro legittimo e naturale ben-stare. Le lezioni di Consapevolezza Attraverso il Movimento del Metodo Feldenkrais ci permettono di conoscerci grazie a un’esperienza che coinvolge tutti i nostri sensi durante il movimento in relazione alle categorie spazio-temporali; un movimento eseguito secondo originali e raffinate strategie che parlano lo stesso linguaggio del cervello, così da innescare un cambiamento neurologico – quindi profondo, radicale, concreto e personale. Questo spiega gli effetti inaspettati e, spesso, sorprendenti, alla fine delle lezioni, senza aver attivato alcuna tensione verso l’obiettivo, cioè senza aspettative e senza le frustrazioni che solitamente ne conseguono. Le oltre mille lezioni concepite da Feldenkrais sono infatti un dialogo del corpo col cervello attraverso il movimento osservato ed esplorato con attenzione neutrale.
Le strategie sono molte e molto diverse dagli approcci terapeutici o alle tecniche corporee tradizionali, come ad esempio quella del “minimo sforzo” (di cui ho parlato in un precedente articolo) che Moshe Feldenkrais così descrive in Mente e corpo:
Per ottenere l’atteggiamento mentale necessario a ridurre gli sforzi inutili il gruppo viene ripetutamente incoraggiato a fare un po’ meno bene del possibile, nel cercare di essere meno veloce, meno forte, meno aggraziato ecc. Spesso si chiede alle persone di fare del proprio meglio nel senso di fare deliberatamente un po’ meno. Ciò è più importante di quanto non sembri. Infatti, se viene messo in grado di percepire il progresso in uno stato di non tensione, l’allievo ha la sensazione di poter fare meglio, il che induce ulteriore progresso. Con tale atteggiamenteo della mente e del corpo si possono ottenere in venti minuti risultati che richiederebbero altrimenti parecchie ore di lavoro. Un particolare rilievo meritano alcuni movimenti molto piccoli, appena percettibili, di cui faccio ampio uso. Essi riducono in modo straordinario la contrazione involontaria dei muscoli; ad esempio, in pochi minuti, lavorando su un braccio o su una gamba, si riesce a farlo percepire più lungo o più leggero e alla sensazione dell’arto più leggero e più lungo si contrappone in continuazione quella dell’altro che viene avvertito come goffo e impacciato al confronto. Ciò favorisce tra l’altro il passaggio dell’apprendimento dall’azione su cui si è lavorato ad altre azioni, completamente diverse. Il trasferimento di apprendimento è sostanzialmente personale e differisce da un individuo all’altro. Qualcuno può avvertire il cambiamento nel parlare, altri nel modo di prestare attenzione o di osservare.
Un’altra strategia è l’asimmetria, ossia il lavoro su una sola metà del corpo:
in questo caso gli allievi recano con sé due diversi standard del proprio corpo – quello abituale e quello migliore che viene loro proposto e continuano a sentire la differenza finché il lato più goffo non si distende anch’esso. In tal modo essi imparano a lasciarsi andare, per così dire, dall’interno.
Particolarmente sofisticata è la strategia dell’immagine corporea, oggi ampiamente riconosciuta per la sua efficacia in training e terapie, nonché adottata in pratiche di meditazione e di mindfulness:
Altro principio è l’analisi dell’immagine corporea, che viene compiuta in due modi. Il primo consiste nell’indurre una sensazione di lunghezza, ampiezza e leggerezza in un lato del corpo muovendolo realmente, mentre l’altra metà viene portata a percepire la stessa sensazione con la semplice analisi mentale. L’analisi mentale consiste nell’ascoltare e acquisire consapevolezza della diversità di sensazioni della memoria motoria dei muscoli nelle due metà del corpo e della sensazione di cambiamento dell’orientamento nello spazio. Un secondo modo consiste nell’analizzare il corpo da entrambi i lati sin dall’inizio, rivolgendo l’attenzione alla percezione delle distanze fra diverse parti del corpo su un lato e sull’altro.
Si tratta di quello che gli allievi conoscono bene: lo scanning che introduce la lezione di Consapevolezza Attraverso il Movimento e la conclude per permettere di sentire le differenze: sdraiati sul tappetino, gli allievi osservano e ascoltano il corpo su un lato e sull’altro in termini di volumi, appoggi, pressioni, lunghezze. Questa analisi permette di riconoscere nel tempo la propria organizzazione muscolo-scheletrica, individuare le tensioni e le tendenze nell’orientamento rispetto allo spazio, infine osservare i cambiamenti in atto grazie alla pratica del Metodo. Un’altra strategia, frutto di un’intuizione preziosissima, è quella del tempo tra la fase preparatoria all’azione e l’azione stessa:
In tutti gli atti volontari due fasi si susseguono così rapidamente che è difficile percepire il lasso di tempo che intercorre fra l’una e l’altra. La fase preparatoria è la mobilizzazione dell’atteggiamento corporeo necessaria per compiere l’azione. La seconda fase è il compimento dell’azione. dal momento che vi è un intervallo di tempo minimo fra queste fasi è possibile imparare a inibire o a potenziare per scelta la mobilizzazione preparatoria. Quando vi è scelta, possiamo o completare l’azione o impedirla e annullare così l’i’ntero atteggiamento preparatorio. Nella lezione si chiarisce il lasso di tempo fra l’atteggiamento preliminare all’azione e il suo compimento. Tale chiarificazione o consapevolezza migliora la scioltezza e il controllo volontario dei movimenti.
Queste e altre strategie fanno del Metodo un approccio sofisticato e all’avanguardia alla salute umana, le cui potenzialità sono a mio parere ancora da approfondire per le risorse che ci riservano, tra l’altro di recente riconosciute da scienziati di fama mondiale. Ricordo fra tutti Norman Doidge con il suo libro The Brain’s Way of Healing ora tradotto italiano con il titolo Le guarigioni del cervello che dedica al Metodo Feldenkrais due interi capitoli e parte di un terzo. Per chi ne volesse un “asssaggio”, può leggere l’articolo “Nata senza una parte del cervello…” in cui ho tradotto un paragrafo importante prima della traduzione ufficiale del libro.
Ricordo che per esigenze e domande puoi contattarmi per una consulenza gratuita telefonica o su skype e se vuoi provare brevi estratti delle lezioni puoi curiosare nella sezione “risorse gratuite” oppure iscriverti alla newsletter per ricevere lezioni audio nella tua casella di posta.
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